Una sabbiera con il fondo azzurro e una serie di oggetti in miniatura. Sono gli strumenti della SandPlay Therapy, nota anche come gioco della sabbia, una terapia di derivazione junghiana che si propone di curare i disturbi psichici infantili attraverso la libera creatività del gioco.
Originariamente applicata solo ai bambini, è stata successivamente proposta anche agli adulti in quanto offre la possibilità di elaborare il proprio malessere attraverso un sistema che rompe l’egemonia della parola. Nel corso di questo articolo cercheremo di far luce sulla SandPlay Therapy, spiegando cos’è e come funziona ed esplorandone i benefici, con l’aiuto della Dott.ssa Tartaglione, psicologa a Roma.
Che cos’è la SandPlay Therapy
Quando parliamo di SandPlay Therapy ci riferiamo ad una metodica di psicoterapia nata negli anni Sessanta del Novecento dall’intuizione della psicologa zurighese Dora Maria Kalff, allieva di Carl Gustav Jung e del maestro zen Suzuki. Essa viene fatta rientrare tra le terapie analitiche in quanto utilizza come strumento di lavoro principale la relazione che si instaura tra paziente e terapeuta, ma si ispira anche alle tradizioni contemplative orientali.
Il gioco della sabbia si basa sull’assunto che le immagini realizzate dal paziente in quel teatro del sogno che è la sabbiera possano essere viste come l’espressione di contenuti personali e archetipici presenti nel suo inconscio e inesprimibili verbalmente. Ciò ne fa una terapia adatta soprattutto ai bambini e agli adolescenti, ma anche agli adulti disposti ad indagare su quella parte infantile che continua a vivere dentro di loro.
Per la Kalff, la sabbiera ha la valenza di uno spazio libero e protetto in cui viene messo in scena un problema inconscio. L’esercizio immaginativo che il terapeuta propone al paziente influisce sulle sue dinamiche inconsce, mentre le rappresentazioni che emergono nel corso della seduta permettono allo psicologo di acquisire importanti informazioni per inquadrare il possibile sviluppo del trattamento.
La sabbia esercita da sempre un fascino irresistibile sui bambini, che si divertono a toccarla, disegnarci sopra, farla scivolare tra le dita, modellarla in una varietà di forme quasi archetipiche. Secondo l’ideatrice della SandPlay Therapy, giocare con questo materiale quasi “magico” può assumere una valenza terapeutica, ancor di più se il gioco si anima di figure che aprono a un’esperienza di contatto con emozioni e affetti non dicibili.
Come si svolge il gioco della sabbia
Nel corso di una seduta di SandPlay Therapy, che dura in genere 45-50 minuti, il paziente viene messo in una stanza in cui è collocata una cassetta di dimensioni standard (cm 57x72x7) contenente della sabbia con il fondo colorato di azzurro, per richiamare il concetto acqua. Nella stanza sono presenti anche degli scaffali in cui sono esposti numerosi oggetti in miniatura che rappresentano il “mondo”. Si tratta, ad esempio, di animali, alberi, case, pupazzi, personaggi letterari, mezzi di trasporto e così via.
Al paziente viene chiesto di mettere le mani nella sabbia e di comporre, impiegando i vari oggetti messi a sua disposizione, una serie di rappresentazioni. Tra le numerose miniature presenti nella stanza, il bambino è libero di scegliere quelle che preferisce. Le scene che nascono spontaneamente dal gioco, così come il modo in cui il paziente si posiziona accanto alla sabbiera, rivelano, attraverso un linguaggio simbolico, una situazione psichica.
Osservare le immagini che prendono forma nella sabbia sotto lo sguardo attento del terapeuta, che partecipa emotivamente senza però indirizzare il bambino, è un modo per far emergere contenuti profondi e sensazioni nascoste che il linguaggio verbale non riesce a esprimere. Seguendo i contenuti sia personali che archetipici che emergono dal paziente, il terapeuta favorisce quel cammino di scoperta di sé che Jung chiama “processo di individuazione”.
Indicazioni della SandPlay Therapy
Dal momento che combina il lavoro verbale con la creazione di immagini, la SandPlay Therapy è particolarmente indicata per le persone che hanno difficoltà di comunicazione o di linguaggio. Essa, infatti, fornisce un linguaggio simbolico a chi non sa esprimere a parole il proprio disagio, permettendogli di rappresentare il proprio mondo interiore attraverso un’esperienza ludica che si trasforma in un viaggio nell’inconscio.
Il gioco della sabbia si è dimostrato un efficace strumento diagnostico e terapeutico per il trattamento analitico di bambini e adolescenti, ma può rivelarsi utile anche in una fase della vita in cui il linguaggio è pienamente strutturato.
Questa pratica terapeutica è utilizzata per curare una gamma estesa di psicopatologie, tra cui figurano:
- disturbi d’ansia o di relazione,
- problemi alimentari,
- disturbi post-traumatici,
- elaborazione del lutto,
Può essere utile anche al di fuori del campo psicoterapeutico, per stimolare la fantasia e sviluppare la capacità di concentrazione.