Una persona che voglia effettuare una transizione in Italia, arrivando a vivere pienamente nel genere a cui sente di appartenere, deve affrontare un percorso piuttosto lungo, che procede per tappe e che non è sempre uguale per tutti.
In Italia, il cosiddetto “cambio di sesso” prevede quattro passaggi:
- percorso psicologico
- terapia ormonale
- iter legale in tribunale
- operazione chirurgica di riassegnazione
Quest’ultimo step non è strettamente necessario. Non è affatto detto, infatti, che la persona voglia sottoporsi a un intervento di questo tipo, che prevede di modificare il corpo con l’asportazione di alcuni organi e la ricostruzione di altri.
Ma procediamo per gradi, approfondendo i diversi aspetti.
Il percorso psicologico per la transizione di genere
Il percorso psicologico è un elemento fondamentale per chi affronta la transizione di genere.
Questo è il primo passo sul cammino della persona transgender, cioè di chi non si identifica con il proprio sesso biologico.
Un passo necessario poiché prima di poter procedere con l’assunzione di ormoni, occorre aver ottenuto una diagnosi di disforia di genere, rilasciata da uno psichiatra o uno psicologo abilitato.
Ci si può rivolgere a professionisti che lavorano all’interno di strutture pubbliche oppure in studi privati. Il procedimento è simile, ma le tempistiche possono variare notevolmente.
Ma cosa si intende per disforia di genere e a cosa serve una diagnosi di questo tipo?
Disforia di genere: cos’è e come si diagnostica
La disforia di genere è la condizione di profondo disagio e sofferenza vissuta da coloro che sperimentano una marcata incongruenza tra il genere assegnato alla nascita e quello in cui si identificano.
Tale disagio può manifestarsi fin dalla più tenera età e causa un profondo malessere verso il proprio corpo, percepito come estraneo, non rispondente all’immagine che si ha di sé.
È un’esperienza terribile, che impedisce di vivere in modo pieno la propria esistenza, ostacolando lo sviluppo dell’individuo e la sua realizzazione personale.
Esistono precisi criteri ai quali i professionisti devono attenersi per poter effettuare la diagnosi di disforia di genere, evidenziati dal DSM-V, il Manuale Statistico e diagnostico dei disturbi mentali:
- il soggetto sente che il suo sesso biologico non corrisponde alla sua identità di genere e questa sensazione dura da più di 6 mesi
- il soggetto sperimenta una marcata incongruenza tra il genere e le proprie caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie (es. il tono della voce più o meno grave, la presenza di peli e barba)
- il soggetto avverte il desiderio di liberarsi delle proprie caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie
- il soggetto desidera di possedere le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie del sesso opposto (se è biologicamente maschio vorrebbe quelle femminili, se è femmina quelle maschili)
- il soggetto manifesta il desiderio di appartenere al sesso opposto e di essere trattato dagli altri come membro del sesso opposto
- il soggetto manifesta la convinzione di avere sentimenti, emozioni e pensieri tipici del genere opposto
Diagnosi di disforia di genere e terapia ormonale gratuita
Chi ottiene una diagnosi di disforia di genere ha diritto ad accedere gratuitamente alla terapia ormonale sostitutiva necessaria per la transizione.
Da quel momento in poi, previa ricetta del proprio endocrinologo, la persona transgender potrà acquistare i farmaci virilizzanti e femminilizzanti in farmacia senza dover pagare alcunché poiché le spese saranno a carico del Sistema sanitario nazionale.
A stabilirlo sono state due determine, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale il 30 settembre 2020 ed entrate in vigore poco dopo.
Il sostegno psicologico durante la transizione
Quando si comincia la transizione, rivolgersi a uno psicologo è molto importante, ma non soltanto per ottenere un certificato medico che attesti la disforia di genere e dia libero accesso agli step successivi.
Il percorso di affermazione di genere può essere difficile da affrontare da soli.
Si possono avere molti dubbi e sentirsi confusi.
Ci si può sentire in difficoltà nell’accettarsi a causa dell’educazione ricevuta e dello stigma sociale a cui si è sottoposti, da cui spesso deriva una transfobia interiorizzata, un senso di vergogna per la propria condizione, scarsa stima di sé, senso di inferiorità.
Sentimenti negativi così forte che inducono la persona transessuale a isolarsi.
Alcune persone transgender fanno fatica ad aprirsi agli altri, rivelando la propria vera identità (coming out) nel timore di non essere compresi e accettati, di subire discriminazione.
Purtroppo, non sempre familiari e amici si dimostrano accoglienti e di supporto.
Come sottolineano i professionisti del Centro di psicoterapia a Roma Prati Il Filo di Arianna, in tutte queste situazioni essere seguiti da uno psicologo esperto e competente può fare davvero la differenza.
Lo psicologo non ha il compito di curare la disforia di genere, poiché non si tratta di una malattia da guarire. Egli, piuttosto, svolge il fondamentale compito di accompagnare il soggetto nell’esplorazione della propria identità, aiutandolo nella scelta
Il sostegno psicologico e la psicoterapia sono di grande aiuto per le persone transgender sotto diversi punti di vista:
- offrono uno spazio sicuro in cui riflettere attentamente sulla propria identità, sul percorso che si sta seguendo e sui passaggi che si vogliono o meno effettuare per stare bene e sentirsi a proprio agio con il proprio corpo;
- consentono di lavorare sulla ricostruzione dell’autostima, messa a dura prova da anni di vita “sotto mentite spoglie” in un corpo che si sente estraneo, costretti a stare dentro un ruolo che non si sente il proprio, a comportarsi secondo schemi a cui non si riesce ad aderire;
- forniscono supporto in situazioni delicate, alleviando la sofferenza e fornendo gli strumenti più idonei per affrontarle;
- sono uno strumento di informazione, che permette di offrire conoscenze corrette e di costruire aspettative realistiche sui risultati che si otterranno con la terapia ormonale e con gli eventuali interventi chirurgici
La terapia ormonale per la transizione di genere
Una volta ottenuta la certificazione da parte del proprio psicologo o psichiatra, entra in gioco un altro professionista sanitario: il medico endocrinologo.
È lui a prescrivere la terapia farmacologica a base di ormoni, che ha lo scopo di adeguare il più possibile l’aspetto fisico dell’individuo al suo vissuto psicologico, modificando alcuni caratteri e assumendo quelli del sesso opposto.
La persona che sta seguendo un percorso di cambiamento di sesso dovrà sottoporsi a un’accurata visita endocrinologica. Il medico valuta lo stato di salute generale dell’individuo attraverso una serie di analisi ed esami che possano mettere in evidenza condizioni e patologie che potrebbero pregiudicare l’esito del percorso. Egli, infatti, deve assicurarsi di andare incontro alle esigenze del singolo, senza causargli danni o altre conseguenze negative.
Pensiamo, per esempio, a chi è affetto da malattie croniche o ha sviluppato un tumore.
Tali problemi di salute possono interferire con la terapia ormonale. Di conseguenza, il medico deve poterli identificare e prenderli in carico, valutando accuratamente come procedere.
L’endocrinologo è tenuto anche a informare sugli effetti della terapia ormonale sul corpo. Effetti che non sono soltanto estetici, esteriori, ma che coinvolgono anche la capacità riproduttiva e la fertilità.
Tali effetti sono diversi a seconda che si stiano assumendo ormoni mascolinizzanti o femminilizzanti.
La terapia mascolinizzante, utilizzata per i trans FtM (female to male) si basa sulla somministrazione del testosterone per via intramuscolare attraverso punture oppure trasndermica, per mezzo dell’applicazione di un gel sulla pelle.
Scopo di questa terapia è sopprimere le caratteristiche sessuali femminili e indurre quelle maschili.
Ecco più nel dettaglio gli effetti dell’assunzione di testosterone, che cominciano a comparire dopo circa 3/6 mesi dall’inizio della terapia:
- scomparsa del ciclo mestruale
- abbassamento del timbro di voce, che diventa più grave a causa di un ispessimento delle corde vocali
- crescita di peli sul corpo e sul viso
- riduzione del seno a causa di una ipotrofia mammaria
- ridistribuzione del grasso corporeo e crescita della massa muscolare, con conseguente aumento di peso
- ipertrofia del clitoride
A tali modificazioni corporee si associano anche alcuni effetti psicologici e comportamentali come l’aumento del desiderio sessuale e dell’aggressività.
Naturalmente, ci sono anche degli effetti collaterali che bisogna sempre tenere in considerazione e di cui il soggetto che si sottopone a tale terapia deve essere consapevole:
- comparsa di seborrea e acne, dovuta a un’aumentata produzione di sebo da parte delle ghiandole
- perdita di capelli (alopecia androgenetica) determinata dagli ormoni androgeni;
- ipertensione arteriosa;
- perdita della capacità riproduttiva dovuta a danno
La terapia femminilizzante o demascolinizzante serve a ridurre le caratteristiche maschili, determinando un aspetto maggiormente femminile per i soggetti MtF.
Per ottenere questo scopo si utilizzano farmaci anti-androgeni che, come dice il nome, hanno la capacità di sopprimere la produzione di testosterone, naturalmente in circolo nei soggetti biologicamente uomini.
Ecco più nel dettaglio gli effetti dell’assunzione della terapia femminilizzante, che però richiedono diversi mesi di tempo per manifestarsi:
- riduzione della crescita dei peli corporei, che diventano più sottili e si diradano a partire da circa 6 mesi dopo l’inizio del trattamento ormonale
- modifica del timbro della voce (ma soltanto in soggetto che non abbiamo raggiunto l’età adulta)
- modificazione della composizione corporea, con accumulo di grasso soprattutto nella zona dei fianchi
- riduzione della massa muscolare e conseguentemente della forza
- riduzione della libido
- riduzione del volume dei testicoli e successiva perdita della fertilità
- minore aggressività e maggiore instabilità emotiva
Anche in questo caso sono possibili effetti collaterali anche gravi: l’assunzione di simili farmaci, infatti, aumenta il rischio trombo-embolico.
Per questi motivi, l’endocrinologo dovrà seguire il percorso del soggetto che si sta sottoponendo a terapia farmacologica a base di ormoni per il cambio di sesso, effettuando esami obiettivi e analisi per valutare e tenere sotto controllo i diversi parametri
L’iter legale per cambiare nome sui documenti
Chi comincia un percorso di questo genere ha un obiettivo in mente: essere visto dagli altri così come sente di essere, vivere nel mondo e inserirsi nella società con le sembianze (e il nome) che corrispondono alla sua identità di genere.
Ciò comporta un iter legale poiché soltanto un tribunale può stabilire tramite sentenza la rettifica del sesso nei documenti, il cambio del nome e l’eventuale operazione chirurgica.
Fino a qualche tempo fa, era obbligatorio l’intervento chirurgico prima di poter ottenere la rettifica del sesso.
Ma nel 2015, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile forzare le persone transessuali a sottoporsi a operazioni e terapie mediche contro la loro volontà.
Oggi dunque si può fare ricorso al tribunale per il cambio di sesso anagrafico anche senza aver fatto ricorso alla chirurgia.
Per farlo, occorre rivolgersi a un consulente legale specializzato che dovrà presentare a nome del proprio assistito la documentazione necessaria ovvero:
- la relazione dello psicologo/psichiatra che ha effettuato la valutazione e la diagnosi
- la relazione dell’endocrinologo presso il quale si è in cura con terapia ormonale
- il certificato di stato libero, per dimostrare di non essere legalmente sposati
- il certificato di residenza, per dimostrare la competenza territoriale del tribunale al quale ci si è rivolti
Il giudice, consultata la documentazione allegata, può rinviare il caso a un’udienza successiva oppure decidere di nominare un perito d’ufficio che svolga approfondimenti, accertando la diagnosi psicologica di disforia di genere.
L’iter legale può avere durata variabile, a seconda della località in cui si svolge. Ciascun tribunale, infatti, ha le proprie tempistiche. Non si tratta di routine, ma di un vero e proprio processo in cui conta la strategia difensiva adottata e le argomentazioni addotte di fronte al giudice.
Per questo è sempre bene cercare un avvocato che abbia esperienza nel campo e che sappia come muoversi.
Se la sentenza sarà positiva, sarà possibile modificare nome e genere su tutti i documenti rilasciati dalla pubblica amministrazione e più nello specifico su:
- atto di nascita
- carta di identità
- codice fiscale
- passaporto
- diploma di scuola superiore
- laurea
- libretto di lavoro
Si tratta di un vero e proprio cambio di identità.
Interventi di riassegnazione
Come abbiamo appena visto, dal 2015 non è più obbligatorio fare l’operazione chirurgica per cambiare sesso e nome sui documenti.
Spetta alla persona, dunque, decidersi fin dove si vuole spingere nel proprio percorso.
Alcuni potrebbero sentirsi soddisfatti e a proprio agio anche soltanto con l’assunzione di ormoni, che consentono di ottenere un aspetto più simile a quello del sesso opposto.
Altri, invece, potrebbero ritenere necessario procedere oltre.
Anche per questo motivo, come sottolineato in un articolo sulla disforia di genere e la transizione pubblicato sul sito del Centro di psicoterapia Il Filo di Arianna, è importante essere seguiti da un terapeuta esperto e competente, capace di assumersi la grande responsabilità di un percorso complesso e sfaccettato.
Un errore, una leggerezza, una scelta sbagliata possono avere un impatto enorme sulla salute fisica e mentale della persona stessa.