Liberalizzazione della pillola, gli enormi rischi che corrono le minorenni

Liberalizzazione della pillola, gli enormi rischi che corrono le minorenni

Si continuano a sottovalutare i pericoli per la salute

“Contraccezione libera” sembra lo slogan di una conquista del genere femminile. Eppure, una conquista, per essere tale, dovrebbe arrecare dei benefici. In questo caso, quali sarebbero? Le criticità in merito alla pratica della contraccezione sono molteplici e ancor più lo sono circa la totale liberalizzazione di quest’ultima, anche per minorenni, anche senza ricetta medica.

Ora ciò è possibile: EllaOne, la pillola dei cinque giorni dopo, «verrà distribuita anche alle adolescenti come un’aspirina», ha commentato Toni Brandi, presidente di Pro Vita e Famiglia onlus, riferendosi alla determina Aifa n.998 dello scorso 8 ottobre, che egli definisce una mossa che «va a colpire la salute delle ragazzine».

Spiega infatti che l’ulipristal acetato, ingrediente principale della suddetta pillola, «secondo l’Agenzia europea dei medicinali ed altra letteratura scientifica causa danni al fegato. Per non parlare di altri effetti collaterali come vomito e diarrea, stanchezza, sanguinamento vaginale, mal di schiena, tensione mammaria, mal di testa e vertigini». Insomma, sugli effetti collaterali della contraccezione non si può affatto scherzare, perché se no ci si starebbe prendendo gioco della salute delle donne.

Tra essi, va ricordato che EllaOne è «definito impropriamente per la contraccezione di emergenza mentre influisce sull’impianto dell’ovulo fecondato», che è già un essere umano, «e diventa quindi, a tutti gli effetti, un abortivo», scrive La Verità, che ha voluto intervistare sull’argomento il presidente emerito del Comitato nazionale per la bioetica Francesco D’Agostino.

Sulla questione, infatti, sarebbe stato certamente auspicabile un intervento del Comitato, ma anche il parere di quest’ultimo, a detta di D’Agostino, avrebbe comportato delle criticità: «Si limita a dire che alcuni membri la pensano in un modo, altri in maniera differente senza verificare la consistenza delle motivazioni addotte». Tale confusione scomparirebbe, invece, nel caso di «tematiche che rientrano nel “politicamente corretto”, per le quali si forma subito una maggioranza compatta e non è ammesso dissenso […] Il risultato è che chi vuole parlare di etica ne parla in totale confusione e inquinamento linguistico. I modelli vanno tutti bene, secondo l’ideologia dell’autodeterminazione».

Un termine, quest’ultimo, ampiamente utilizzato al giorno d’oggi per giustificare il presunto “diritto” all’aborto, mentre la difesa della vita di ogni persona implica che l’unica autodeterminazione «che merita di essere proposta, sostenuta e tutelata» sia quella per il bene e non dettata unicamente dall’arbitrio; perché «se faccio una scelta arbitraria, questa può portarmi all’abisso».

E dunque non si può pensare di poter giustificare tutto, con atteggiamento politically correct, e di agire al contempo per il bene della popolazione, specialmente dei più piccoli. Dire, ad esempio, che l’aborto e la contraccezione possono avere gravi effetti collaterali ed illustrarli significa fornire una corretta informazione in merito e questo non può che essere un servizio volto al bene delle donne e che in nulla le limita.

E un bugiardino non basta per informare dei rischi che corrono ragazze minorenni con il timore di una gravidanza indesiderata, che potrebbero ritrovarsi, quindi, sole di fronte alla scelta di assumere tali pillole. A maggior ragione per via del fatto che, come in pochi osano ricordare, gli effetti della pillola dei cinque giorni dopo sono potenzialmente abortivi. E «la legge 194 dovrebbe giustificare una proibizione all’aborto, quando la donna che ne fa richiesta non motiva adeguatamente le sue ragioni di salute fisica o psichica e non ne discute con un medico» ricorda D’Agostino, cosa che, nel caso di un potenziale aborto dovuto all’assunzione di EllaOne, non avverrebbe; senza considerare, a prescindere dalle motivazioni, la gravità assoluta di un atto che pone fine alla vita di un essere umano.

Merita, forse, una donna o una minorenne di essere abbandonata in un momento così difficile? O piuttosto meriterebbe che le venissero offerte valide alternative per poter avere la libertà di scegliere la vita del bambino, tutelando, così, anche la propria?

Lucia Scaletti